I maremoti nel mondo

 

L'area del Pacifico è quella nella quale questi fenomeni sono più frequenti e disastrosi, con onde in grado di attraversare l'intero Oceano Pacifico in meno di 24 ore. La regione del Giappone e di Taiwan rappresentano l'area più attiva, dove si genera circa il 30% del totale degli tsunami del Pacifico, anche se non tutti sono distruttivi.

Nel 1896 un forte maremoto in Giappone ha provocato 27.000 morti, ma il più catastrofico è stato quello seguito al terremoto del Cile del maggio 1960 , che ha causato oltre 1000 vittime nelle coste cilene. Lo tsunami ha poi raggiunto le coste delle isole Hawaii, con ingenti danni e vittime, e si è propagato fino in Giappone attraversando il Pacifico in 22 ore e provocando oltre 150 vittime.

Nel marzo del 1964 un altro violento tsunami fu prodotto in Alaska, con poche vittime ma con onde che si propagarono sino alle coste della California.

Anche il Mediterraneo è stato interessato nei secoli da eventi di tsunami, sia distruttivi che di minore entità, principalmente lungo le coste della Grecia e dell'Italia. Il maremoto in assoluto più devastante è stato quello prodotto dal collasso della caldera del vulcano Santorini, circa nel 1400 a.C. L'esplosione produsse il collasso della caldera e la formazione di onde stimate tra 50-90 metri di altezza. Il maremoto si propagò con una velocità di oltre 300 chilometri orari e in pochi minuti raggiunse le coste della Turchia meridionale. Meno di tre ore dopo la Siria, l'Egitto e la Palestina furono devastate dalle onde. Questo evento è ritenuto essere la possibile causa della scomparsa della civiltà minoica.

Il maremoto dell'Oceano Indiano è stato uno dei maggiori disastri naturali registrati fra la fine del XX secolo e l'inizio degli anni 2000, causando oltre 280 mila morti. Ha avuto la sua origine e il suo sviluppo nell'arco di poche ore in una vasta area della Terra: ha riguardato l'intero sud-est dell'Asia, giungendo a lambire le coste dell'Africa orientale.

Tutto ha avuto inizio alle ore 00:58:53 UTC del 26 dicembre 2004 quando un violentissimo terremoto - circa 9,0 gradi della scala Richter -  ha colpito l'Oceano Indiano al largo della costa nord-occidentale di Sumatra (Indonesia).

Tale terremoto è risultato il più violento degli ultimi quaranta anni, cioè dal sisma che colpì l'Alaska (USA) il 27 marzo del 1964, ed ha provocato centinaia di migliaia di vittime, sia direttamente sia attraverso il conseguente maremoto manifestatosi attraverso una serie di onde anomale, alte fino a 15 metri, che hanno colpito sotto forma di giganteschi tsunami vaste zone costiere dell'area asiatica tra i 15 minuti e le 10 ore successive al terremoto.

Gli tsunami hanno colpito e devastato parti delle regioni costiere dell'Indonesia, dello Sri Lanka, dell'India, della Thailandia, della Birmania, del Bangladesh, delle Maldive giungendo a colpire le coste della Somalia e del Kenya (ad oltre 4.500 chilometri dall'epicentro del sisma).

L'ipocentro del terremoto è stato localizzato a 3,298°N, 95,779°E, a circa 160 chilometri ad ovest di Sumatra, ad una profondità di 30 chilometri sotto il livello del mare, all'interno del cosiddetto “Anello di Fuoco” del Pacifico, una regione geografica di cui è risaputa l'elevata sismicità. Il terremoto - 9 gradi della scala Richter - è stato talmente violento da poter essere avvertito, oltre che in Indonesia, anche in Bangladesh, India, Malaysia, Birmania, Singapore, Thailandia ed addirittura nelle Maldive.

Come termine di paragone, il più violento terremoto mai registrato mediante sismografi è stato il Grande terremoto cileno del 1960, a cui fu assegnata una grandezza sismica pari a 9,5 gradi della scala Richter (12 gradi di questa scala sarebbero equivalenti ad un evento sismico di energia pari a quella necessaria ad una faglia per tagliare il pianeta Terra a metà). Nel corso dell'ultimo secolo soltanto altri tre terremoti sono stati di un'intensità equivalente o superiore.

L'area investita direttamente dal terremoto è stata insolitamente ampia: si è stimato che la placca Indiana si sia incuneata sotto quella Birmana, provocando l'innalzamento verticale del fondo oceanico dalla parte della placca Birmana di circa 10 metri. Si sono create così le condizioni ideali per generare delle grandi onde anomale che, viaggiando a circa 800 chilometri orari, hanno in poco tempo raggiunto le coste di buona parte dell'Oceano Indiano, trasformandosi in terrificanti tsunami.

La placca Indiana fa parte della più grande placca indoaustraliana che comprende l'Oceano Indiano ed il Golfo del Bengala. Essa sta spostandosi verso nord-est ad una velocità media di 6 centimetri annui (5 metri ogni secolo), verso la placca Birmana. La placca Birmana, di cui fanno parte sia le isole Nicobare che le isole Andamane e la parte settentrionale di Sumatra, è a sua volta spinta verso ovest da parte della placca della Sonda (della quale fa parte la zona meridionale di Sumatra).

Sia la placca Birmana che la placca della Sonda fanno parte della placca Euroasiatica, e le attività tettoniche che risultano dalle loro interazioni, e delle relative faglie, hanno portato alla creazione della fossa della Sonda e dell'arco della Sonda, la cui orogenesi è ancora attiva.

Il terremoto ha scatenato delle grandi onde anomale che hanno colpito, sotto forma di immensi tsunami, le coste dell'Oceano Indiano; sono anche state registrate lievi fluttuazioni di livello nell'Oceano Pacifico. Il numero totale di vittime accertate causate da questa serie di cataclismi è di circa 226.000 esseri umani, ma decine di migliaia di persone sono ancora date per disperse, mentre tra i tre ed i cinque milioni sarebbero gli sfollati.

Tratto da WWW.INGV.IT

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