Formazione e propagazione di uno tsunami

 

Gli tsunami più distruttivi sono quelli generati in seguito a forti terremoti poiché, al contrario di quelli generati da fenomeni locali (frane, eruzioni ecc.) , possiedono energia sufficiente per colpire luoghi distanti anche migliaia di chilometri.

Per questo ci soffermeremo ad analizzare la formazione di uno tsunami generato da un terremoto.

Un terremoto (dal latino terrae motu, ossia movimento della terra) è un rapido movimento della superficie terrestre dovuto al brusco rilascio dell'energia accumulatasi all'interno della Terra in un punto ideale chiamato ipocentro o fuoco. Il punto sulla superficie della Terra, posto sulla verticale dell'ipocentro, è detto epicentro.

I terremoti  si concentrano in genere in zone delimitate della Terra.
Con la teoria della tettonica a placche, evoluzione della teoria della deriva dei continenti di Wegener, è stata data una spiegazione della distribuzione di tali eventi sismici. Secondo questa teoria, lo strato più superficiale della Terra, la litosfera, è suddiviso in placche che si muovono le une rispetto alle altre.

La maggior parte dell'attività sismica, del vulcanesimo e delle deformazioni della crosta sono concentrate ai confini di tali placche, dove troviamo regimi tettonici differenti.

I tre tipi principali sono:

·         limiti di placche trasformi;

·         limiti di placche divergenti;

·         limiti di placche convergenti.

Lungo i margini trasformi, coincidenti con faglie trasformi, le placche scivolano l’una accanto all’altra senza creare né  distruggere litosfera.

Si hanno margini divergenti nelle aree in cui le placche si allontanano l’una dall’altra: qui il materiale parzialmente fuso del mantello risale e va a colmare lo spazio che si apre tra di esse. Questo materiale diventa nuova litosfera che va ad aggiungersi ai margini in allontanamento delle placche divergenti. Tali margini sono caratterizzati da terremoti con ipocentro poco profondo ma con una magnitudo generalmente poco rilevante.

Le placche entrano in collisione lungo margini convergenti: la placca che sottoscorre (una placca oceanica) viene subdotta, ossia spinta verso il basso nel mantello sottostante ( Press & Siever, 2001).

La placca continentale viene deformata dall’azione della placca oceanica che sottoscorre.

 

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La deformazione prosegue fino al punto in cui la placca continentale riacquista la sua forma. Il movimento di tale placca causa uno spostamento della massa d’acqua sovrastante. Se la magnitudo del terremoto è elevata (generalmente 7.5° della scala Richter) la placca continentale sposta verso l’alto una notevole quantità d’acqua,

formando così uno tsunami.

 

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La collisione di due placche genera forze molto intense che frequentemente danno luogo a terremoti con ipocentro poco profondo e con una magnitudo rilevante, caratteristiche ideali per la formazione di tsunami (Press & Siever, 2001). Entro pochi minuti dal terremoto, lo tsunami iniziale si divide in uno tsunami che viaggia verso l’oceano (teletsunami) ed un altro che si dirige verso la costa (locale) (fig. 1.2.3 C). La velocità con la quale si muovono i due tsunami è funzione della radice quadrata della profondità del fondale. Ciò implica che lo tsunami che si muove nell’oceano sia molto più veloce di quello locale.

Quando lo tsunami si avvicina alla costa la sua lunghezza d’onda diminuisce mentre aumenta la sua altezza: è un fenomeno molto simile a quello che avviene per il moto ondoso.

 

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Infine, quando lo tsunami raggiunge la costa, si verifica l’inondazione. Contrariamente all’immaginario collettivo, la maggior parte degli tsunami non dà luogo a dei frangenti di grandi dimensioni. Essi si manifestano come dei rapidi innalzamenti del livello del mare; molti danni prodotti dagli tsunami sono dovuti alle forti correnti ed alla presenza di grossi detriti trasportati.

 

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